domenica 28 ottobre 2007

Chrysler Building



Il Chrysler Building, alto 319 metri e disposto su 77 piani, è il grattacielo più bello della città di New York.
Lo dicono da sempre i newyorkesi. E lo confermano gli esperti: un sondaggio condotto nel 2005 dallo Skyscraper Museum (museo di NY con a tema proprio i grattacieli) su cento tra architetti, costruttori, critici, ingegneri, storici, lo ha collocato al primo posto tra i più bei grattacieli di Manhattan.

IL SOGNO DI DUE UOMINI
Nel 1928 Walter Chrysler aveva già tutto, ma per fortuna non gli bastava. Fu così che nacque il Chrysler Building.
Walter Chrysler aveva fondato la Chrysler Corporation nel 1925, a 50 anni di età e al culmine di una straordinaria carriera in campo manageriale nel settore automobilistico che lo aveva consacrato come uno degli uomini più ricchi d'America. Nel giro di soli 3 anni, dal 1925 al 1928, la Chrysler era poi passata dal 32° al 3° posto nella classifica dei maggiori produttori americani di auto. Così, alla fine del 1928, Walter Chrysler era sulla copertina di Time, con uno dei riconoscimenti ancora oggi tra i più ambiti: "Uomo dell'Anno".
A quel punto, Chrysler decise che la sua società meritava una sede adeguata. Incidentalmente, decise anche che quella sede avrebbe dovuto essere il grattacielo più alto di New York. E diede il via al progetto Chrysler Building.
William Van Alen, architetto con la reputazione di showman, era l'uomo giusto per condividere l'ambizione di Chrysler e trasformarla in realtà.
Ma Chrysler e Van Alen non erano soli nella corsa verso il grattacielo più alto. Nei canyons di Lower Manhattan, più precisamente nel Financial District, il 34enne banchiere George Ohrstrom (soprannominato "the kid") stava realizzando, al numero 40 di Wall Street, il grattacielo destinato ad ospitare la sede della sua banca, la Bank of Manhattan. L'architetto di Ohrstrom era H. Craig Severance. Particolare curioso: in passato Severance e Van Alen erano stati soci dello stesso studio di architettura, il che acuiva la competizione, aggiungendo un elemento di sfida nella sfida.
Alla fine, con il palazzo della Bank of Manhattan ufficialmente ultimato e il Chrysler Building in dirittura d'arrivo, non sembravano esserci più dubbi: 40 Wall Street era il più alto!

VAN ALEN E IL SEGRETO DELLA GUGLIA
La partita sembrava persa, ma Van Alen aveva in serbo un colpo di teatro. In gran segreto, aveva ottenuto l'autorizzazione per costruire in cima al grattacielo una guglia a spirale alta circa sessanta metri. La guglia venne realizzata di nascosto all'interno del palazzo, nel vano ascensori, assemblando i singoli pezzi provenienti dall'esterno, in modo che nessuno potesse sospettare quello che stava per accadere. Poi, mentre ancora tutti i media cittadini stavano celebrando la vittoria di Severance e della Bank of Manhattan, bastarono 90 frenetici minuti per montare la guglia e riscrivere la storia dell'architettura mondiale.
Walter Chrysler e William Van Alen ce l'avevano fatta: il loro era il grattacielo più alto di New York. A onor del vero, il primato così faticosamente raggiunto durò poco, perchè un anno dopo la sua inaugurazione (avvenuta il 27 maggio del 1930) il Chrysler fu superato in altezza dall'Empire State Building, che divenne così il numero uno dei grattacieli di Manhattan. La superba eleganza e la suggestiva raffinatezza architettonica del Chrysler Building: quelle, però, erano destinate a durare per sempre.
Un particolare che merita ampiamente di essere evidenziato: grazie agli elevati standard di sicurezza adottati, nessun operaio perse la vita durante la costruzione dell'edificio.

VITTORIA AMARA
Superato l'entusiasmo del momento, il successo per Van Alen ebbe purtroppo un sapore amaro. Walter Chrysler lo accusò di avere intascato indebitamente delle provvigioni dalle ditte che avevano lavorato alla costruzione del palazzo e si rifiutò di saldargli il conto per il suo lavoro di architetto. Sebbene alla fine Van Alen vinse la causa, le accuse mossegli dal suo potente cliente compromisero gravemente la sua futura carriera, al punto che, negli anni a venire, non ebbe praticamente più nessun lavoro e cadde nel dimenticatoio. Walter Chrysler non lo nominò mai nella sua autobiografia del 1937, parlando genericamente di "architetti". Nel 1941, un anno dopo la morte di Chrysler, il New York Times riportò la notizia secondo la quale Van Alen era all'opera su un progetto che prevedeva la costruzione di garage sotterranei. Poi più nulla, fino alla sua morte, avvenuta nel 1954.
Intanto, un anno prima, nel 1953, gli eredi di Walter Chrysler avevano venduto il palazzo che ancora oggi porta il loro nome, e quindi non ne erano più i proprietari.

SUGGESTIONI ARCHITETTONICHE
Il Chrysler Building, elaborato in stile Art Deco, presenta molti elementi ricchi di fascino e di curiosità.
Il più appariscente è senza dubbio la stupenda guglia che lo sovrasta. Realizzata in acciaio inox, propone in forma stilizzata il motivo del sorgere del sole.
Sulla facciata del palazzo compaiono poi diversi riferimenti automobilistici. In particolare, al 31° piano, i quattro angoli dell'edificio sono abbelliti da ornamenti che hanno la forma del tappo del radiatore delle Chrysler dell'epoca. Alla stessa altezza, si possono ammirare dei fregi che riproducono le ruote delle automobili. In diversi parti del palazzo compare inoltre scolpito il logo a zigzag della Chrysler.
Per finire, al 61° piano sporgono dagli angoli dei gargoyles a forma di aquila americana.
Al calare delle tenebre, la parte alta del Chrysler Building si illumina, donando così tutto il suo fascino alla notte newyorkese.

UN ATRIO DA SCOPRIRE

A differenza di altri grattacieli newyorkesi, il Chrysler Building non ha un proprio osservatorio ai piani alti aperto al pubblico, nè ristoranti in cui pranzare e godere della vista della città. L'unica area del grattacielo aperta ai turisti è il suo atrio. Il quale è molto elegante e raffinato, in perfetta sintonia con la bellezza degli esterni. Visitandolo, si possono ammirare decorazioni in marmo, granito e acciao cromato. Le porte degli ascensori sono in legno pregiato con decorazioni ad intarsio che ricordano motivi egiziani. Il soffitto, dipinto da Edward Trumbull, è uno splendido affresco con immagini di edifici, aerei e scene dalla linea di montaggio della Chrysler.

SUPEREROI E MOSTRI
Data la sua natura di icona della città di New York, il Chrysler Building ha al suo attivo numerose presenze in film, telefilm, cartoni animati, fumetti, videogiochi, libri, immagini pubblicitarie.
Cominciamo questo viaggio alla scoperta delle sue apparizioni multimediali con qualcosa di assolutamente poco noto. Nel 1982 il regista Larry Cohen dirige il b-movie Q - the winged serpent, in cui un enorme mostro alato con la testa di serpente semina il panico nella Grande Mela, cibandosi delle prede che trova ai piani alti degli edifici (lavavetri, operai dei cantieri, fanciulle in bikini sugli attici). Il mostro - indovinate un po' - ha la sue sede nascosta proprio sulla sommità del Chrysler Building. Un detective della polizia - interpretato da David Carradine - indaga per scoprire cosa si cela dietro la misteriosa scia di improvvise sparizioni. Intanto un ladruncolo in fuga scopre per caso la base dell'essere immondo e cerca di ricattare la città. Una curiosità: il ladruncolo in questione è interpretato da Michael Moriarty, oggi celebre per il suo ruolo di Ben Stone in Law and Order.
Casomai leggendo queste poche righe vi fosse già venuta l'acquolina in bocca, sappiate che il film (che il sottoscritto ha avuto qualche anno fa la fortuna di vedere su Odeon TV) è anche disponibile in dvd in italiano con il titolo Il Serpente Alato.
Sempre restando in tema di mostri, ben altra notorietà puo vantare Godzilla di Roland Emmerich (anno 1998). Qui il Chrysler Building fa una gran brutta fine, ma Godzilla ne è il responsabile solo in via indiretta. Nel tentativo, infatti, di abbattere il mostro, un elicottero militare gli spara contro due razzi, che però mancano il bersaglio e centrano in pieno il palazzo Chrysler.
Chi non colpisce il Chrysler Building ma gli passa letteralmente attraverso è invece Silver Surfer durante il suo inseguimento nei cieli di Manhattan con la Torcia Umana. La scena è contenuta nel film I Fantatici Quattro e Silver Surfer (anno 2007) ed è anche ripresa dal trailer originale del film.
Continuiamo ad occuparci di supereroi ma cambiamo media. Nel cartone animato di Spider-Man datato 1994/1998, kingpin, il terribile boss del crimine di New York City che opera ammantato da onesto businessman, ha il suo quartier generale al Chrysler Building.
Spazio ai videogames. In Parasite Eve, concluso una prima volta il gioco con successo, è possibile accedere ad una nuova modalità in cui compare il Chrysler Building: la protagonista deve scalarlo, affrontando - piano dopo piano - una serie di creature sempre più mostruose e spietate.
Per finire, una citazione fumettistica che è al tempo stesso un caro ricordo. Nel numero 146 di Amazing Spider-Man l'Uomo Ragno insegue uno dei suoi più tradizionali avversari, lo Scorpione, in lungo e in largo per i tetti di New York, fino alla cima del Chrysler Building, dove lo sconfigge. Questa storia è la prima in assoluto di Spider-Man che ebbi il piacere di leggere. L'anno era il 1977, l'edizione italiana era L'Uomo Ragno numero 186 e il logo in copertina era quello della (indimenticabile) Editoriale Corno...

sabato 29 settembre 2007

Non solo grattacieli: il Dakota



Quando si pensa a New York City, la prima immagine che viene in mente è sempre, inevitabilmente, quella della moltitudine di giganti di acciaio, vetro e cemento costruiti a partire dal ventesimo secolo e che si innalzano, con aspetto dinamico e moderno, per decine e decine di piani, fino ad arrivare a “grattare” il cielo. Ecco, il Dakota Building, situato all’angolo tra la 72nd Street e Central Park West, non è niente di tutto questo. Eppure, quasi a dimostrare che i luoghi comuni non esistono, questo edificio rappresenta da sempre uno degli indirizzi più prestigiosi e ambiti della “città dei grattacieli”.
Il palazzo emana un fascino immediato: osservandolo, si assiste ad una profusione di elementi architettonici quali tetti a doppio spiovente, abbaini, archi, balconi, balaustre ed altri ornamenti che creano un’immagine altamente caratteristica e di forte impatto visivo.

LE ORIGINI
La costruzione del Dakota avvenne tra il 1880 e il 1884. L’architetto che lo progettò, Henry Janeway Hardenbergh, è lo stesso che ideò anche il Plaza Hotel. Finanziatore dell’impresa e proprietario in origine dell’edificio fu Edward Clark, capo della Singer, la nota azienda produttrice di macchine da cucire. Clark peraltro morì nel 1882, prima del completamento del palazzo, che quindi passò agli eredi.E’ decisamente curiosa l’origine del nome. In quegli anni la zona dove si trova il palazzo (l’Upper West Side di Manhattan) era, a differenza di oggi, una zona scarsamente popolata in quanto periferica rispetto a quello che allora era il centro della città; si trattava di un’area lontana dal cuore pulsante cittadino, tanto lontana – per i newyorkesi dell’epoca - quasi quanto il Dakota , intendendosi in questo caso il territorio del Dakota. Da qui l’idea di chiamare il nuovo palazzo con questo nome.
Il successo del Dakota Building fu immediato, con tutti gli appartamenti affittati prima dell’inaugurazione del palazzo stesso. Vivere al Dakota (o almeno avere lì una residenza secondaria) divenne un fatto alla moda per l’alta società newyorkese di quegli anni.Per un'immagine d'epoca del Dakota, date uno sguardo alla foto n.12 della galleria in alto; la foto ritrae il palazzo alla fine del 1800.

LA CASA NEWYORKESE DI JOHN LENNON
Molti sono i personaggi famosi che sono o sono stati residenti al Dakota Building; tra di loro: Paul Simon, Bono, Boris Karloff, Rudolf Nureyev, Judy Garland, Lauren Bacall, Leonard Bernstein. Il Dakota Building è però celebre soprattutto per essere stato la residenza newyorkese di John Lennon, quando decise di lasciare l’Inghilterra e di trasferirsi oltreoceano. Era in uno degli appartamenti del Dakota che Lennon viveva con Yoko Ono. Ed è proprio davanti al Dakota che l’ex-Beatle morì l’8 dicembre del 1980, ucciso dai colpi di pistola di Mark Chapman. In onore e alla memoria di John Lennon, un’area del Central Park di 2,5 acri, posta di fronte al Dakota Building e in cui Lennon e Yoko Ono amavano passeggiare, si chiama oggi “Strawberry Fields” (da “Strawberry Fields Forever”, celebre canzone dei Beatles). Ufficialmente l’area venne inaugurata il 9 ottobre del 1985, giorno del compleanno di Lennon.

NELLA STORIA DEL CINEMA
Il Dakota è stato citato in diverse opere cinematografiche, letterarie, musicali.
La sua “apparizione” più famosa è senza dubbio quella in “Rosemary’s Baby”. Il film, diretto nel 1968 da Roman Polanski, rimane uno dei capolavori della storia del cinema. Gli eventi narrati sono noti: la giovane Rosemary Woodhouse (interpretata da Mia Farrow) si trasferisce in compagnia del marito in un appartamento di un palazzo di Manhattan (il Dakota, appunto). Lì cadrà vittima delle macchinazioni di matrice satanica ordite dai suoi vicini di casa e coinquilini dello stabile, gli anziani coniugi Castevet. Il Dakota (ribattezzato “Branford” nel film) venne utilizzato per le riprese esterne, mentre gli interni furono ricostruiti sul set, in quanto l’amministrazione del Dakota non fornì l’autorizzazione a girare riprese filmate all’interno dell’edificio. Il film fu candidato a due premi Oscar e Ruth Gordon vinse il premio per la migliore attrice non protagonista.
In ambito letterario, il nome del Dakota Building è legato soprattutto al romanzo “Indietro nel Tempo” (titolo originale: Time and Again) dello scrittore Jack Finney (l’autore de L’invasione degli Ultracorpi). L’opera, pubblicata nel 1970, affronta il tema dei viaggi nel tempo attraverso una nuova prospettiva: il protagonista del romanzo viaggia infatti a ritroso nel tempo non grazie ad una macchina ma grazie all’ipnosi. Torna così nella New York degli anni attorno al 1880, e si ritrova in uno dei palazzi che a quell’epoca già contraddistinguevano il tessuto urbano della città, il Dakota.

Empire State Building



Scrivere dell’Empire State Building non è impresa esente da rischi. Primo rischio: l’eccessiva lunghezza del racconto. Traduzione: qui si parla del re dei grattacieli e i fatti da narrare sono inevitabilmente tanti. Secondo rischio: la banalità. Traduzione: come se non bastasse, molti di questi fatti sono probabilmente già noti ai più.
Proveremo a correre questi rischi, invocando fin da subito la clemenza del lettore.

I NUMERI DELL'IMPERO
Come ogni grattacielo che si rispetti, anche l’Empire State Building ha la sua personalissima carta d’identità. E si tratta di numeri mozzafiato.
Altezza 449 metri, disposti su 102 piani; superficie complessiva di 204.385 metri quadrati; peso complessivo di circa 370.000 tonnellate. 6500 finestre; 73 ascensori; 1000 aziende ospitate (con tanto di codice postale personalizzato del palazzo). E’ stato per oltre 40 anni l’edificio più alto del mondo (dal 1931, quando fu inaugurato, al 1972, anno del completamento della Torre Nord del World Trade Center). E’ attualmente, dall’11 settembre 2001 e dalla scomparsa delle Torri Gemelle, l’edificio più alto della città di New York.

SFIDA AL VERTICE
All’origine dell’Empire State Building c’è una storia fatta di umane passioni, di ambizioni sfrenate, di desiderio assoluto di primeggiare. Una sfida tra individui per la conquista del cielo, senza vincoli, senza limitazioni.
Questa competizione affonda le sue radici negli anni venti, l’epoca del boom immobiliare e dello sviluppo in verticale della città di New York. Sul finire di quell’epoca parte la gara suprema per il premio più ambito: il titolo di grattacielo più alto della città. I principali competitors sono tre: il 40 Wall Street (oggi Trump Building); il Chrysler Building (voluto e finanziato da Walter Chrysler, magnate dell’omonima casa automobilistica); l’Empire State Building.
Com’è noto, a vincere è l’Empire State Building (anche se al Chrysler Building viene da sempre riconosciuto un altro titolo, quello di grattacielo più elegante). Costruttore e finanziatore dell’Empire State Building è John J. Raskob, uomo d’affari e dirigente, direttore finanziario di società quali Du Pont e General Motors. Al suo fianco, nel ruolo di presidente della società di costruzione, l’ex governatore dello stato di New York, Alfred E. Smith. Il grattacielo, in stile Art Deco, è progettato dallo studio di architettura Shreve, Lamb e Harmon in appena due settimane. Eccezionale, poi, la rapidità a livello realizzativo: l’intero edificio viene costruito in appena 410 giorni, grazie al lavoro - indefesso, coraggioso, mai abbastanza lodato - di 3400 operai, autentici eroi del cielo.
Il 1° maggio 1931 è il giorno dell’inaugurazione. L’apertura ufficiale dei battenti avviene con una cerimonia solenne, durante la quale è il presidente degli Stati Uniti Herbert Hoover ad accendere le luci del palazzo, premendo un bottone da Washington, D.C.
Pensato in un’epoca di grandi affari ma ultimato in piena crisi post-crash borsistico del 1929, l’Empire State Building non ebbe all’inizio, da un punto di vista strictly business, vita facile. Con la Grande Depressione, molti degli spazi uso ufficio del palazzo restarono senza affittuari, la qual cosa gli valse, da parte dei newyorkesi, l’infamante appellativo di “Empty (vuoto) State Building”. In effetti, bisognò attendere gli anni cinquanta prima che l’edificio cominciasse a generare profitti.

UNA TERRAZZA SUL MONDO
L’Empire State Building offre una eccezionale attrazione turistica: grazie ai suoi due osservatori, posti all’86° e al 102° piano, è infatti possibile godere di una veduta impareggiabile.
L’osservatorio all’86° piano è il più famoso; si trova all’aperto, lungo tutto il perimetro del piano, e consente una vista a 360°. L’osservatorio al 102° piano (che per alcuni anni è rimasto chiuso al pubblico e che può ancora temporaneamente esserlo, in giorni di eccessivo afflusso turistico) è più piccolo ed è interamente al coperto. Centodieci milioni di persone hanno finora visitato gli osservatori dell’Empire, inclusi molti personaggi famosi, tra cui la Regina Elisabetta, Lassie e Fidel Castro.

LE MILLE LUCI DI NEW YORK
A partire dal 1964, gli ultimi piani dell’Empire State Building sono illuminati da luci colorate a tema, secondo gli eventi e le ricorrenze. Si tratta di una bellissima attrazione, che solo la notte di New York sa offrire.
I colori scelti per le luci sono i più disparati. Vengono celebrati: feste e ricorrenze (ad es. luci rosse-verdi per il Natale; luci rosse-bianche-blu per il 4 luglio, Festa dell’Indipendenza); grandi eventi (ad es. luci tutte gialle, come le palline da tennis, in occasione degli U.S. Open a Flushing Meadows); occasioni speciali (ad es. luci tutte rosse nel 2004, per i 50 anni della Ferrari in America; luci tutte gialle più recentemente, nel 2007, per i 100 anni dei taxi di New York); vittorie delle squadre sportive di New York (ad es. luci arancio-blu-bianche per i New York Knicks; luci arancio-blu per i New York Mets).

PER AMORE DI LEONA
Nei primi anni ’90 Leona Helmsley fu condannata per evasione fiscale (è passata alla storia una sua frase riportata da una sua ex-cameriera durante il processo: “Noi non paghiamo le tasse. Solo i piccoli pagano le tasse”) e dovette scontare 18 mesi di prigione. Si dà il caso che il devoto marito, Harry Helmsley, celebre tycoon del mercato immobiliare americano, fosse all’epoca il proprietario dell’Empire State Building. Ottuagenario, gravemente malato, profondamente innamorato della sua Leona, Harry Helmsley ordinò che per il giorno dell’ingresso in carcere di Leona le luci del grattacielo più famoso di New York rimanessero spente. Un gesto d’amore e di simpatia verso la propria donna. Così fu, e per un momento lo skyline di Manhattan non sembrò davvero più lo stesso.

SALGO A PIEDI
Ogni anno l’Empire State Building ospita un particolarissimo evento sportivo: l’Empire State Building Run-Up, la corsa a piedi sulle scale del grattacielo, per 1576 scalini, fino al traguardo posto all’86° piano. La competizione fu introdotta per la prima volta nel 1978 e da allora si è sempre regolarmente disputata. L’edizione del 2007 ha visto vincitori, tra gli uomini il tedesco Thomas Dold con il tempo di 10 minuti e 25 secondi, e tra le donne l’australiana Suzy Walsham con il tempo di 13 minuti e 12 secondi.

E VISSERO FELICI E CONTENTI
All’Empire State Building ci si può anche sposare. Ogni anno, nel giorno di San Valentino, 14 coppie si giurano eterno amore e fedeltà in una romantica cerimonia all’80° piano ed entrano così a far parte dell’Empire State Building Wedding Club. Per poter essere tra le coppie selezionate, i futuri sposi devono fare domanda alla direzione del palazzo, spiegando perché desiderano sposarsi proprio all’Empire; le coppie vengono poi scelte sulla base di elementi quali originalità, stile, unicità della loro richiesta e delle loro motivazioni.

L'INCIDENTE NELLA NEBBIA
Sabato 28 luglio 1945 l’Empire State Building fu teatro di un grave incidente. Alle ore 9.49 del mattino, un aereo militare, per l’esattezza un bombardiere B-25, si schiantò contro il lato nord dell’edificio, all’altezza del 79° piano. All’origine dell’incidente, le avverse condizioni meteorologiche, in particolare una nebbia molto fitta, che portò il pilota, il Luogotenente Colonnello William Smith, a scendere di quota per cercare di recuperare visibilità; in questo modo, però, l’aereo finì col trovarsi all’improvviso tra i grattacieli di Manhattan. Dopo aver miracolosamente evitato l’impatto contro altri grattacieli, il B-25 non riuscì a risalire e si scontrò con l’Empire State. Come conseguenza dello schianto, il carburante dell’aereo prese fuoco e divampò un violento incendio, che interessò il piano dell’incidente (il 79°, appunto) e alcuni piani sottostanti, fino al 75°. Ci vollero 40 minuti per domare le fiamme. Nell’incidente persero la vita 14 persone (tra cui i tre militari a bordo dell’aereo). L’edificio peraltro subì danni solo temporanei e non tali da minarne l’integrità strutturale.
E’ in questo drammatico contesto che Betty Lou Oliver, involontariamente, “compì l’impresa” che ancora oggi le vale la presenza nel Guinness dei primati: sopravvisse, all’interno di uno degli ascensori del palazzo, ad un caduta di ben 75 piani!

IL MITO DI KING KONG
L’Empire State Building divenne famoso in tutto il mondo grazie a quella che si potrebbe definire una interpretazione cinematografica d’eccezione. Nel 1933 fu infatti uno dei “protagonisti” del film King Kong. L’immagine dello scimmione che sfida gli uomini e i loro aerei aggrappato alla sommità del grattacielo resta una delle icone della cinematografia mondiale.
Da allora l’Empire State Building è apparso in molti altri film e prodotti di entertainment, incluso un remake dello stesso King Kong, datato 2005 (nell'altro remake, quello del 1976, la scena finale si svolge invece sulle Torri Gemelle del World Trade Center).

IL SALTO DI ELVITA ADAMS
In un episodio della celebre sit-com I Jefferson, George e Louise Jefferson vivono momenti di apprensione perché temono che Florence, la loro simpatica domestica, voglia suicidarsi lanciandosi dall’Empire State Building; così non sarà (in effetti Florence non ne aveva mai avuto l’intenzione) e la puntata finirà come sempre in allegria.
Purtroppo la realtà, come spesso accade, è più amara della finzione. Nel corso degli anni sono più di trenta le persone che hanno perso la vita gettandosi nel vuoto dai piani alti dell’edificio. L’ultimo in ordine di tempo è un avvocato, suicidatosi venerdì 13 aprile 2007 con un volo dal 69° piano. Per fortuna, accanto a coloro che sono morti, ci sono anche alcuni che hanno provato ma hanno fallito nel tentativo.
Il 22 dicembre 1977 un ragazzo di 26 anni, Thomas Helms, si buttò dall’osservatorio all’86° piano, ma lo fece senza imprimere abbastanza forza verso l’esterno e così ricadde subito sotto, sullo spazio all’aperto dell’85° piano, ancora vivo e vegeto.
Più incredibile ancora quel che accadde il 2 dicembre 1979. La ventinovenne Elvita Adams tentò il suicidio lanciandosi anche lei dall’86° piano; questa volta il lancio fu deciso verso l’esterno e sarebbe stato sufficiente a farla arrivare fino al suolo, senonchè un colpo di vento improvviso la prese in volo e la rimbalzò verso l’interno, facendola “atterrare” all’85° piano e salvandole la vita. La signorina Adams se la cavò con una costola rotta.

MEDIA CENTER
L’osservatorio all’aperto, come detto, si trova all’86° piano. Da quel punto in poi, gli ultimi 16 piani dell’Empire State sono occupati dalla Torre a spirale. In origine concepita come attracco per i dirigibili, non venne mai utilizzata con questa finalità. Perlomeno non nel mondo reale. Nel film Sky Captain and the World of Tomorrow, infatti, un enorme dirigibile tedesco Hindenburg sorvola una New York anni trenta ricoperta di neve e si ancora in cima all’Empire State Building. Ma questa è fantascienza.
Nella realtà, la Torre a spirale del grattacielo è utilizzata per un’altra fondamentale funzione: in cima ad essa si trova infatti l’antenna per le trasmissioni radiotelevisive, alta circa 50 metri. Tutte le più importanti tv e radio (inclusi i network CBS, NBC, ABC) trasmettono i loro programmi a New York irradiando da qui il loro segnale.

venerdì 28 settembre 2007

Grattacielo Pan Am



Se andate a New York e cercate il Pan Am Building, non lo troverete. Il motivo è molto semplice: il Pan Am Building oggi non esiste più. Questo almeno ufficialmente, in quanto la famosa torre ottagonale che ospitava una volta la sede della Pan Am ha, ormai da diversi anni, cambiato nome e adesso si chiama MetLife Building. L’edificio – imponente, massiccio, dominante, inconfondibile - quello però è rimasto lo stesso sin dal 1963, l’anno della sua inaugurazione. Di seguito, concedetemi un tocco di nostalgia, continueremo a chiamarlo il Grattacielo della Pan Am.

NASCITA DI UN'ICONA
Alto 246 metri, disposto su 58 piani, il palazzo fu inaugurato il 7 marzo 1963. All’epoca, stabilì un record: era infatti il più grande palazzo al mondo ad uso esclusivamente commerciale. I suoi uffici erano occupati dalla Pan Am (che era anche la proprietaria dell’intero edificio) e da numerosi altri affittuari business. Il progetto fu sviluppato a partire dal 1958 dallo studio Emery Roth & Sons, con la collaborazione degli acclamati architetti Walter Gropius e Pietro Belluschi. L’edificio pensato in origine da Emery Roth & Sons era di più modesta entità rispetto al risultato finale ed aveva anche una visibilità diversa, in quanto era allineato lungo Park Avenue in direzione nord-sud. L’intervento di Gropius e Belluschi modificò radicalmente il progetto, conferendo al palazzo la sua caratteristica forma di un ottagono schiacciato ed il suo vistoso allineamento est-ovest attraverso Park Avenue. Segno distintivo inconfondibile del grattacielo era la presenza, in cima, su tutte e quattro le facciate, dei simboli della Pan Am. La scritta Pan Am campeggiava trionfale sulle facciate nord e sud, mentre le facciate est e ovest ospitavano il grande logo della società a forma di globo.

CAMBI DI PROPRIETA'
Nel 1981 la Pan Am vendette il grattacielo che portava il suo nome alla società di assicurazioni MetLife, per la (allora) cifra record di 400 milioni di dollari. La decisione fu conseguente alla crisi che aveva colpito la compagnia aerea negli anni ‘70 ed alla necessità di monetizzare alcuni dei suoi assets. L’accordo di vendita stabilì che la Pan Am avrebbe continuato ad occupare i propri uffici all’interno del palazzo con un canone di affitto scontato rispetto al prezzo di mercato (circa il 30% in meno); stabilì inoltre che il nome e il logo Pan Am sarebbero rimasti inalterati sull’edificio. Così, per tutti gli anni ‘80, il palazzo continuò a chiamarsi ufficialmente Pan Am Building anche se la Pan Am non ne era più la proprietaria. Nel 1991, quando la Pan Am cessò le operazioni e lasciò vuoti gli uffici, la MetLife provvide a cambiare le insegne del palazzo, rinominandolo ufficialmente MetLife Building. Nel 2005 la MetLife, a sua volta, ha venduto il grattacielo (che continua a chiamarsi MetLife Building) al gruppo immobiliare Tishman Speyer Properties (colosso immobiliare statunitense che ha in portafoglio, tra gli altri, il Chrysler Building e il Rockefeller Center).

IL PIU' ODIATO DAI NEWYORKESI
Fin dalla sua nascita il grattacielo Pan Am vanta un singolare primato, che è quello di essere il palazzo che i newyorkesi maggiormente detestano. Nel 1987 un sondaggio del periodico New York mise il grattacielo Pan Am al primo posto tra gli edifici che gli abitanti della Grande Mela vorrebbero veder demoliti. Tra i motivi di una così profonda antipatia vi è sicuramente la sua posizione. Il Pan Am sbarra infatti a metà Park Avenue, bloccando la visuale della celebre via ed oscurando, con la sua sagoma massiccia e poderosa, altri raffinati palazzi circostanti, in particolare l’Helmsley Building. A dispetto dell’opinione dei newyorkesi, il Pan Am Building è sempre stato un indirizzo estremamente ambito da imprese e studi professionali. Prestigio e comodità sono i fattori alla base della scelta di avere la sede della propria attività in questo grattacielo. Prestigio, in quanto il Pan Am rimane uno degli edifici più famosi ed immediatamente riconoscibili dello skyline di Manhattan. Comodità, in quanto si trova subito a ridosso della stazione ferroviaria, il Grand Central Terminal.

IN VOLO SOPRA MANHATTAN
Una delle caratteristiche peculiari del Pan Am Building era la presenza sul suo tetto di un eliporto, la qual cosa rese possibile il suggestivo servizio di collegamento via elicottero tra il centro di New York (rappresentato appunto dal Pan Am Building) e i principali aeroporti cittadini. Il servizio veniva fornito da due compagnie: la Pan Am stessa e la New York Airways. Gli elicotteri utilizzati erano in grado di ospitare fino a trenta passeggeri. Il servizio fu attivo tra il 1965 e il 1968 e poi ancora, per un breve periodo, nel 1977, quando un tragico incidente ne causò la definitiva sospensione.

TRAGEDIA AL GRATTACIELO PAN AM
Il 16 Maggio 1977, alle ore 17.35, un incidente, tanto drammatico quanto spettacolare, vide per protagonista un elicottero della New York Airways, proprio mentre si trovava parcheggiato sul tetto del palazzo della Pan Am e stava imbarcando passeggeri, con le pale rotanti in funzione. Quattro passeggeri erano già a bordo (assieme ai tre membri dell’equipaggio) ed altri stavano per imbarcarsi quando, improvvisamente, il carrello di atterraggio destro dell’elicottero collassò. L’elicottero si piegò sulla destra e le pali rotanti in movimento colpirono alcune delle persone che si apprestavano a salire, uccidendone quattro e ferendone gravemente una quinta. Inoltre, una delle pale si staccò dall’elicottero e si spezzò in due; una delle due metà volò per un paio di isolati e precipitò a terra, all’incrocio tra Madison Avenue e la 43esima Street, provocando la morte di un passante e il ferimento grave di un altro.
Non è questo l’unico fatto di cronaca drammatico legato al Pan Am Building. Due anni prima, per l’esattezza il 3 febbraio del 1975, ci fu un altro episodio scioccante. Eli M. Black, all’epoca proprietario e amministratore delegato della United Brands Company (oggi Chiquita Brands International), frantumò con la valigetta una finestra del suo ufficio al 44° piano e si lanciò nel vuoto, trovando la morte sulla sottostante Park Avenue. Una successiva indagine della Sec (la commissione americana per il controllo delle attività di Borsa) volta ad investigare i motivi del suicidio di Eli M. Black rivelò l’esistenza dello scandalo noto come Bananagate, ovvero il pagamento, da parte della United Brands Company, di ingenti somme di denaro al presidente dell’Honduras in cambio di una forte riduzione delle tasse che il Paese applicava sull’esportazione delle banane.

AL CINEMA
Il grattacielo Pan Am è apparso in diverse opere cinematografiche.
Nel film del 1968 “L’uomo dalla cravatta di cuoio” (regia di Don Siegel), il protagonista, uno sceriffo dell’Arizona interpretato da Clint Eastwood, arriva a Manhattan atterrando in elicottero sulla sommità del Pan Am Building.
Nel film del 1998 “Godzilla”, il palazzo della Pan Am è devastato dal passaggio di Godzilla, che impazza per New York e scava un gigantesco buco all’interno dell’edificio.